Si trova in via Generale Clark. E arrivarci non è facile. Fuori, sulla strada, non c’è nessuna indicazione. Un cartello c’era – dice la ragazza che stacca i biglietti – ma l’ultima tempesta d’acqua e di vento l’ha buttato giù. Nessuno ha avuto tempo – o volontà – di rimetterlo in piedi. Così il museo dello sbarco quasi non esiste. Un museo dimenticato. Anche ad appuntarsi il numero delle persone che lo visita. In una giornata di sole di metà aprile, un sabato, verso le cinque del pomeriggio, il numero è un numero solitario. Quello di chi scrive. Ecco, anche per questo, è un museo dimenticato. Come del resto lo è lo sbarco degli Alleati a Salerno.
Il 9 settembre 1943 gli Alleati sbarcano nel golfo di Salerno. Operazione Avalanche si chiama. Il mare è calmo quando le barche vengono calate in acqua, alle due di notte. Non c’è un filo di vento. Il comando delle operazioni viene affidato al generale Mark Clark. La battaglia inizia dopo le tre e mezza.
Questo è solo l’inizio di quella storia, la storia di uno sbarco che un bel documentario del 2002 ha definito appunto dimenticato. Ma il paradosso – o il piccolo equivoco senza importanza – è quel museo difficile da raggiungere, lontano dal centro di Salerno, un museo nascosto, umile, piccolo piccolo. Che con testardaggine e ostinazione – a dispetto di un cartello buttato giù dal vento – stacca i biglietti al visitatore che vuole entrare nonostante la giornata di sole e il mare lì davanti. E si gode, nel silenzio, le fotografie d’epoca: mondi e volti in cui inciampare a ogni sguardo.
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