L’uomo col cappotto

Credo fosse il 1999. Ma non ne sono sicura. Fosse stato davvero il 1999, allora era un anno prima della sua morte. L’interno di una libreria, piccola, non grande di certo. Credo peraltro la libreria si trovasse in via del Corso. Ma anche di questo ho un ricordo vago. Era tardo pomeriggio. D’inverno. Lo so per certo che era inverno perchè ho fissato nella mente il suo cappotto. Mi sembrò enorme quel cappotto buttato sopra spalle altrettanto enormi. O era la sua statura d’attore a essere così grande da farmi apparire adesso nel ricordo una sagoma esagerata. Ma in quella libreria al centro d’una Roma scura e fredda io c’ero andata per un altro motivo.

Avevo letto che Giampiero Mughini avrebbe presentato un libro sugli anni Settanta. Anzi il tema era più circoscritto: qualcosa che aveva a che fare con le “parole” degli anni Settanta. A me era bastato sapere che sarebbe stato un incontro dedicato in qualche modo a quel decennio per uscir di casa e mettermi in cerca di quella libreria. Non so se esiste ancora. C’erano delle scale dentro che collegavano due o tre stanze poste a dislivello. E fuori pioveva. Ricordo la strada lucida per il bagnato.

Arrivai che Mughini aveva già iniziato a raccontare. Poca gente. Lui seduto su uno sgabello con la stessa identica faccia di oggi. Non ricordo il colore della montatura degli occhiali, e nemmeno ho memoria del titolo del libro. Solo la copertina: bianca, rigida. Gente pochissima e scomodissima su sedie strette. Silenzio assoluto. Fuori e dentro la libreria. Io in un angolo in piedi. Nessun equivoco. Quasi niente da ricordare. Forse un pianoforte sullo sfondo con qualcuno che suonava. Ma non ne sono sicura. Il pianoforte sarebbe perfetto nel quadro fin qui dipinto. Forse troppo perfetto per esserci stato sul serio.

gassman_1

Giampiero Mughini parlava. A un certo punto da una saletta nascosta sbuca fuori un uomo alto. Con il cappotto sulle spalle. Il cappotto era verde scuro o grigio. Non credo nero. L’uomo si avvicina al piccolo gruppo di persone. Ma non così tanto da mischiarsi a esso. Nessuno se ne accorge. Finché non fa una domanda. Credo d’essermi girata solo dopo aver ascoltato la sua voce. Averla riconosciuta. Nessuno batte ciglio. Una presenza così inattesa e imponente d’aver intimidito tutti. Pure Mughini.La domanda aveva a che fare con l’essenzialità mancata delle parole negli anni Settanta. O giù di lì.

Ora, in quell’atmosfera sospesa nessuno – che io mi ricordi – si è scomposto. Come fosse del tutto normale che un Vittorio Gassman serissimo sbucasse da un angolo della libreria e si mettesse a far domande. Mughini cominciò a rispondere. Usando tutta l’inessenzialità di cui era – è – capace. Ed eccolo l’equivoco, la lezione, la magia. L’uomo col cappotto con un gesto (teatrale?) si mette un cappello in testa e scompare verso la porta d’uscita. Senza ascoltare la risposta.