Di Viggiano s’è parlato, ultimamente. Manco a dirlo: il petrolio. Che in provincia di Potenza (Basilicata) esista il petrolio non è che sia cosa proprio recente. Di recenti ci sono solo certi scandali. Ma qui hanno poca importanza. Perchè l’equivoco è un altro.
Viggiano – 3mila abitanti nella Val d’Agri – è stato un tempo paese di musicanti nomadi. Magari nessuno sapeva decifrare un pentagramma, ma tutti – uomini e bambini – sapevano far scorrere le dita sul più signorile degli strumenti.
L’arpa a Viggiano tra l’Ottocento e il Novecento era tutto. E per tutto si intende effettivamente ogni cosa: pane, soldi, passione, mestiere. Vita. Siccome quella era l’epoca in cui lavoro e sostentamento in Basilicata erano parole, e concetti, rari, alllora gli uomini di Viggiano si misero a camminare per le vie del mondo. Suonando. La fame, infatti, li trasformò in musicanti di strada.
I musicanti di Viggiano non scelsero uno strumento qualsiasi. Nè scelsero uno strumento facile. Si misero a suonare uno strumento elegante come l’arpa. Che oltretutto si costruivano da sè. Ma non è nemmeno questo il punto. L’equivoco, in questa storia, è ancora un altro.
Che sia una coincidenza. Che sia uno scherzo della Storia. Che invece ci sia un qualsivoglia legame. Chissà: chissà perchè proprio a Viggiano – dove c’è una delle più grandi piattaforme petrolifere d’Europa – viene venerata una Madonna Nera. Che porta in grembo un bambinello anch’esso nero. Costruita in legno d’ulivo, con un vestito dorato, la Madonna di Viggiano ha il volto dello stesso colore del petrolio.